A Legnano l’intervento su un 69enne per un ematoma.
«Ho rivissuto i miei inverni da bambino, con gli amici. Ci tiravamo le palle di neve senza guanti, finché, dal gelo, non sentivamo più le mani. Ho sentito la voce del dottore che mi diceva che sarebbe successa la stessa cosa alla mia testa. E così, mentre mi operavano, ho sentito i rumori dei ferri, ho sentito l’acqua che scorreva dentro la testa, ma non ho avvertito dolore, se non un attimo, come l’anestesia dal dentista».
Piero De Bernardi, 69 anni, meccanico in pensione, fino a mercoledì scorso non riusciva più a muovere la gamba e il braccio sinistro, a causa di una paresi, provocata da un ematoma nel lato destro del cranio. Ieri, invece, camminava tranquillo fra i corridoi del reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale di Legnano. Niente stress da intervento, nessuna anestesia da smaltire. Piero è stato il primo paziente del nosocomio ad essere operato sotto ipnosi, anziché sotto anestesia. In Italia sono rarissimi i casi di utilizzo di questa tecnica in neurochirurgia: al momento esistono solo tre pubblicazioni.
A indurre il paziente nello stato di trance è stato Andrea Cividini, 37 anni, neurochirurgo in servizio a Legnano, che si sta diplomando al «Centro italiano ipnosi clinico sperimentale» di Torino. Mentre Cividini faceva le veci dell’anestesista (presente, in via precauzionale), il primario Roberto Stefini eseguiva l’aspirazione dell’ematoma. «Quando il collega mi ha parlato della sua intenzione di studiare l’ipnosi, ero scettico. Oggi non lo sono più. Grazie a questo metodo, al paziente non sono state somministrate terapie anestetiche o antidolorifiche. Pensiamo di ripeterne l’utilizzo, nei pazienti idonei», sottolinea il primario. Per capire se Piero lo fosse, Cividini gli ha fatto tre sedute propedeutiche. «Per vedere se andava in trance e per verificare con l’encefalogramma se il cervello sviluppava le onde dell’ipnosi», spiega l’ipnologo.
Durante l’intervento, Piero ha mostrato fastidio solo nel momento della separazione fra pelle e ossa. A quel punto il primario ha optato per una piccola anestesia locale. «Ho cominciato a studiare l’ipnosi dopo aver letto alcuni scritti di Carl Gustav Jung — racconta Cividini —. Il fascino di questo stato fisiologico è che si spegne la mente conscia e tutto dipende da quella inconscia. Quello che ho fatto con il paziente è stato riportarlo a quel luogo sicuro e di benessere che ognuno di noi ha dentro di sé. Un ricordo in grado di fargli sviluppare la capacità di non sentire dolore».
Al risveglio, Piero era sereno. «Il dottore mi ha tenuto la mano. È stato il mio angelo custode. Ora posso andare a casa. A settembre devo accompagnare mia figlia all’altare», racconta commosso, accanto alla moglie, Piera. La coppia vive a Buscate. Piero, appassionato cicloamatore, il 14 giugno scorso fa una brutta caduta. Pensa di essersela cavata con un po’ di escoriazioni. Invece, la settimana scorsa, al mare a Cesenatico, accusa persistenti mal di testa. Tornati a casa, un giorno, Piera lo trova a terra: le gambe non rispondono più. A Legnano scoprono l’ematoma e gli parlano dell’ipnosi. «Ho due figlie, Monica e poi Chiara, che fa l’ostetrica e lei mi ha detto: “prova, papà”. E io mi sono fatto forza, anche se avevo paura». Ieri il dottor Cividini schivava i complimenti: «Ma no, il merito è soprattutto del paziente».
Articolo di : Giovanna Maria Fagnani